Cosa fare quando si CHIUDONO LE INDAGINI.

Prima di addentrarci sulle garanzia offerti dall'ordinamento giuridico riguardanti la conclusione delle indagini preliminari, bisogna fare una breve premessa.
Quando un soggetto viene iscritto nel registro degli indagati la pubblica accusa è tenuta ad acquisire una serie di prove affinchè si possa celebrare a suo carico un processo penale.
Quando questa attività investigativa si compie la Procura chiude le indagini e notifica all'indagato l'atto con il quale quest'ultimo viene a conoscenza della conclusione delle indagini e di alcune facoltà a sua garanzia.
Può entro il termine di 20 giorni:

1) Presentare memorie;
2) Produrre documenti;
3) Depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore;
4) Chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine;
5) Rilasciare dichiarazioni;
6) Chiedere interrogatorio.
Se l’indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.
Naturalmente tutte le facoltà che sono state sopramenzionate hanno lo scopo di difendersi dall'accusa che viene mossa dalla Procura ma sopratutto per cercare di ottenere l'archiviazione del procedimento penale attraverso i modi e mezzi messi a disposizione dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p.
L'avvocato penalista ha il compito di riuscire a raccogliere tutti gli elementi che in controprova possano dimostrare l'assenza di responsabilità penale del proprio assistito.

Non si può rimettere la querela per tutti i reati

Nel nostro ordinamento giuridico penale si distinguono reati procedibili a querela e reati procedibili d'ufficio.
Nel secondo caso si tratta di cui reati che sono considerati particolarmente gravi per cui la legge non consente di rimettere la querela.
Specifico che la remissione di querela estingue il reato e suoi effetti processuali.
Tornando ai reati procedibili d'ufficio, la persona offesa può comunque ritirare la querela ma non determinerà nessun effetto sul piano processuale, si procederà comunque nei riguardi nell'imputato. Tuttavia, in tal caso non sarà possibile alla parte offesa che ha rimesso la querela costituirsi parte civile nel processo per ottenere il risarcimento danni.
Lo studio legale penale Sorrentino rimane a completa disposizione per ulteriori chiarimenti.

Ora allo stalker viene applicato il braccialetto elettronico a difesa della vittima.

Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa può essere disposto anche con l'applicazione del c.d. braccialetto elettronico (art. 282 ter c.p.p. mod. dalla L. n. 69 del 25 luglio 2019, c.d. codice rosso).

Si tratta di un dispositivo elettronico che viene applicato alla caviglia del soggetto indagato per il reato di stalking che è connesso con un altro dispositivo (simile ad un telefono) che viene dato alla vittima.
Nel caso in cui lo stalker si dovesse avvicinare ad una distanza inferiore ai 500 m dalla vittima, il dispositivo avviserà le forze dell'ordine che, accertando la violazione della misura, procederanno all'arresto del predetto.

L'avvocato penalista Filomena Sorrentino, segue costantemente le predette vittime non facendo mai mancare il proprio supporto. Questo dispositivo che ha rafforzato il divieto di avvicinamento risulta adesso più idoneo a tutelare la vittima perseguitata. 

Tuttavia, nel caso in cui la nomina provenga dall'indagato il consiglio è sempre quello di rispettare la misura onde evitare un aggravamento che tal volta può essere anche il carcere.